Application & Implication


 

"Il magazzino della ricerca"
Modo, Italie, Août/ Septembre 1993

Il Magasin, Centro nazionale di arte contemporanea di Grenoble è un edificio industriale che, costruito a Parigi da Eiffel (insieme alla famosa torre), è stato successivamente smontato e quindi ricostruito in questa cittadina universitaria francese.
Negli ultimi anni di attività, sotto la direzione di Adelina von Fürstenberg, il duttile spazio del Magasin ha ospitato un vivace programma, di respiro internazionale, di mostre d'arte e di architettura, indagando sui limiti e le specificità dei due processi creativi.
L'ultima, in senso cronologico, delle manifestazioni dedicate all' architettura, intitolata « Application et implication, modèle de pensée et acte de présence », ha riunito attorno al problema della relazione architettura-società le riflessioni (tradotte in installazioni a grandezza naturale) di alcuni giovani
architetti. Sono tutti europei (per origine o per formazione) : Bernd Albers; Yves Arnold & Isabel Herault; Donald Bates; Ben Van Berkel; Odile Decq & Benoît Cornette; Bruce Dunning & Pieter Versteegh (P.I.A.); Mark Goulthorpe & Zainie Zainul & Yee Pin Tan (dEcoi); Enric Miralles; Wolfgang Pauzenberger & Michael Hofstätter (Pauhof).
Prima di tentar di descrivere l'individualità di almeno alcune opere in mostra rispetto al tema evocato, sembra necessario chiarire due questioni fondamentali. Che cosa accomuna le ricerche di questa giovane avanguardia disseminata per tutta (o quasi) l'Europa e perché i lavori qui esposti, pur
sembrando sculture o più in generale arte, possono definirsi a pieno merito architettura ?
La risposta ai due quesiti è unica : essi hanno nella lettura dello spazio contemporaneo un' attitudine critica che non contempla il costruire come unico oggetto dell' immaginario architettonico e anzi lo proietta talvolta oltre il terreno familiare dei luoghi e delle immagini. I lavori esposti esprimono un architettura che - scrivono i responsabili dei progetti - « piuttosto che rispondere a bisogni dati, a condizioni produttive, genera dei bisogni e incita delle risposte, restando comunque molto vicina alla realtà, sociale, urbana, economica o altro ».
Dunque più in generale questi lavori nascono da una interpretazione critica del « progetto moderno » e si sviluppano cioè dalla coscienza che gli aspetti dogmatici e mistici di questo hanno perso valore assieme ai valori assoluti, alla visione globale della realtà all'interno dalla più vasta crisi del pensiero classico.
Quindi, se a partire dalle filosofie della perdita non esiste più ricerca del significato, se non sopravvivono tecnica o mestiere, la critica della contemporaneità ricerca motivazioni quasi private all'opera architettonica attraverso le lettura/letteratura psicologica e soprattutto attraverso un' arte paradigmatica (come quella contemporanea che propone simultaneamente l'oggetto e il suo fondamento).
Ma se il confine arte-architettura sembra farsi più labile e quasi scomparire, l'architettura d'altronde vive il contrasto o quasi il paradosso tra « arte » rivoluzionaria e « casa » tradizionale : pone cioè il tema più profondo dell'« occupare » versus « abitare » : di una relazione dinamica con gli oggetti, con la realtà contrapposta a un abitare senza trasformazioni.
La coscienza della crisi, infatti, descrive un nuovo rapporto soggetto-oggetto, definito in senso temporale e dinamico : il nuovo oggetto è un processo, una traccia di oggetti senza ordine, gerarchia e limiti. I progetti di Daniel Libeskind (frequente riferimento per i più giovani sperimentatori) sono esemplari a tal riguardo : collage di frammenti di pitture e di architetture, nonché dei propri progetti precedenti, sono attratti nel flusso dominio del transitorio.
Anche « l'uomo é una parte, un frammento di se stesso, esattamente come ciò che egli ha prodotto e produce », dice Franco Rella in « Limina. Il pensiero e le cose » (Feltrinelli).
La scoperta dell'inconscio operata da Freud è stata fondamentale alla coscienza della crisi, perché da una parte definisce un soggetto non più unico ma composto di parti, di frammenti contraddittori e dall'altra rompe la temporalità classica (lineare e cumulativa) poiché l'inconscio, in quanto luogo dei contenuti rimossi, è luogo di assenza di tempo e quindi di spazio.
L'Unheimlich freudiano - ha scritto Rella nei suoi saggi - é « lo spaesamento rispetto alla logica classica, l'allontanamento da quella patria, da quella casa » : è la logica dello spaesamento dell'io nella trasformazione, nel continuo cambiamento; essere stranieri a noi stessi, nella propria patria, ossia radicati nell'assenza di luogo, essere nel « dappertutto » dell'atopia.
Anche la fluidità telematica è essere nel dappertutto. L'architettura contemporanea vive la difficoltà a urbanizzare tale spazio virtuale o al contrario a comunicare lo spazio reale, poiché se da un lato con l'informatica si verifica la perdita del contatto diretto con la realtà, dall'altro il genius loci sembra ormai inefficace come elemento di mediazione tra l'architettura e l'ambiente nella città che perde progressivamente la sua memoria storica. Spaesati in un magazzino industriale e privi di un contesto costruttivo, i lavori elaborati da questi giovani architetti ben esprimono questa condizione dell'architettura contemporanea, ancorandosi a un contesto definito, in questo caso, solamente dal programma comune e dallo spazio espositivo del Magasin, spazio anch'esso decontestualizzato, desituato, perché trasferito da Parigi a Grenoble. Libere (a parte il tavolo Ines dello spagnolo Miralles) del loro uso strumentale, frammenti speculari e significanti di un paesaggio costruito, queste opere cercano una definizione dello stato dell'architettura spostandosi oltre i limiti consueti della disciplina, affrontando lo spazio atopico di libertà e trasgressione che è lo spazio della libertà del pensiero e della forma sottratta al linguaggio. Lo spazio centrale del Magasin normalmente adibito alle esposizioni e denominato la « Rue », definisce effettivamente una strada, uno spazio sociale, un luogo urbano indipendente però dalla casa, sottratto cioè al problema dell'abitare che non sia abitare la « casa del pensiero ». « Formalizzazioni di oggetti transizionali finalizzati all'architettura » le ha definite Jacques Sautereau nella discussione scaturita dall'occasione della mostra. Oggetti di mediazione, cioè, tra i desideri interni, le utopie dei progettisti e i valori esterni
della società, il costruire come atto sociale.
L'olandese Ben Van Berkel col suo Dream Transport esprime il concetto di un punto d'incrocio mutevole : a scala urbana significa la presenza di molteplici punti di orientamento e di identificazione per ogni singolo luogo. Sovrapponendo simultaneamente materiali diversi quali rotaie, legno, vetro e acciaio, egli evoca il tema della mobilità come condizione dell'uomo moderno : l'immagine futurista del treno contrapposta a quella della casa e della stabilità.
Il tedesco Bernd Albers con 1 : 1 = 1 vede come effetto del progresso tecnologico la perdita delle convenzioni spaziali e delle qualità tattili. Quindi concettualizza l'esperienza spaziale e quella della materia costruendo un muro in legno, i cui conci sovrapposti sono appunto scatole di legno contenenti pietre allo stato grezzo.
Il Cubo Ideale Bis del PIA (Bruce Dunning e Pieter Versteegh) è un modello di architettura che, nella sua astrazione, riflette l'impotenza dell'architettura a ricondizionare una struttura urbana non più basata su gerarchie architettoniche. E' un modello abitabile, plasmato per (da) una società strutturata sul cambiamento e si pone quindi non come oggetto isolato autoreferenziale, ma come tappa intermedia di un processo di significazione : tale processo si svolge tra un contesto esistente (fisico e culturale) e uno stato futuro delle medesime condizioni. Il Cubo Ideale Bis segue, infatti, la ricerca teorica sviluppata dai due attorno a precedenti cubi ideali e inoltre reca impresse sulle sue pareti di cemento le tracce di progetti anteriori e futuri. Indagare sul cubo ideale e sulla disponibilità di questa struttura a adeguarsi a una forma architettonica vuol dire ricercare tale processo, tale dialettica per cui ogni modello già annuncia una realizzazione ulteriore e è anch'esso il risultato dei progetti precedenti. Il significato del costruito va così oltre quello definito dal programma arricchendosi, affermano gli autori, « dell'autorità dell'individuo sull'oggetto », del suo diritto cioè a determinarne il significato.
Al significato più specificamente costruttivo del lavoro di Van Berkel, a quello linguistico di Albers e programmatico del PIA, le installazioni di dEcoi e Bates oppongono un contenuto maggiormente ideologico.
Il gruppo multietnico dEcoi, con Nell'ombra di Ledoux : la superficie della trasgressione, cerca di definire « un modello di spazio sociale, una superficie vaga, muta e senza limiti, attraverso la quale il sociale circola liberamente ». Componendo liberamente le ombre (in quanto proiezioni indefinite) dei due progetti più provocatori di Ledoux (la sferica casa delle Guardie campestri a Maupertuis e la casa dei bagni a Chaux) e utilizzando, per il modello di riferimento, un processo artistico (gesso colato in un profilattico), ottengono una sorta di uovo deforme : è una forma tridimensionale in tensione che vuole sottolineare, affermano gli architetti, « la dissoluzione dello spazio circoscritto e strutturato, dello spazio che dà forza alla gerarchia sociale e controlla il desiderio... ». Spazio pubblico e spazio privato riflettono così, nella continuità storica di uno spazio creativo e trasgressivo dell'architettura moderna, un'altra bipolarità : quella architetto-società.
Ma nell'indagare il tema della mostra, è forse più di tutti l'americano Donald Bates a superare i limiti consueti della disciplina e della sua trasgressione convenzionale, riflettendo sul concetto stesso di limite.
Con il suo origami di lamiera (E' un progetto per una linea che esiste ma non è qui (o laggiù), Bates vede « l'architettura come il destino delle linee » : la linea regolatrice e la linea del pensiero in architettura; la linea continua della storia...
La linea (intesa quindi sia in senso fisico che metaforico) diventa lo spazio : è un atto elementare come quello del tracciare una linea, appunto, sulla carta per delimitare una superfice, un volume. Questa di Bates è una costruzione di frontiera e come ogni edificio è quasi una pelle sensibile, limite e insieme superficie di contatto tra la società e l'architettura : è qualcosa che separa e tuttavia riunisce, luogo e soggetto d'un atto sociale.

Giovanni Lauda